Oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti, 150.000 tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti (l’equivalente di circa 5.000 TIR), spacciati per fertilizzanti e smaltiti su circa 3.000 ettari di terreni agricoli nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna: sono questi i numeri dell’imponente traffico illecito di rifiuti, realizzato tra il gennaio del 2018 e l’agosto del 2019, su cui si sono concentrate le articolate indagini svolte dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Brescia coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica dott. Mauro Leo TENAGLIA.
Il fulcro delle attività illecite è una società bresciana operante nel settore del recupero di rifiuti, dotata di tre stabilimenti industriali ubicati nei comuni di Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio, oggi sottoposti a sequestro dai Carabinieri Forestali su ordine del Sostituto Procuratore della Repubblica subentrante dott. Teodoro CATANANTI, in esecuzione all’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari Dr.ssa Elena STEFANA, anche ai fini della successiva confisca.
L’azienda, a fronte di lauti corrispettivi, ritirava i fanghi prodotti da numerosi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali, da trattare mediante un procedimento che ne garantisse l’igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. Invece, per massimizzare i propri profitti, la ditta ometteva di sottoporre i fanghi contaminati al trattamento previsto ed anzi vi aggiungeva ulteriori inquinanti come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste.
Infine, per disfarsi di tali rifiuti e poter continuare il proprio ciclo produttivo fraudolento, li classificava come “gessi di defecazione” e li smaltiva su terreni destinati a coltivazioni agricole situati nelle provincie di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza, retribuendo a questo scopo sei compiacenti aziende di lavorazioni rurali conto terzi (cinque bresciane ed una cremonese).
Il meccanismo tramite il quale il sodalizio criminale riusciva a smaltire a basso costo tali rifiuti, emerso anche grazie alle complesse attività di intercettazione telefonica e ambientale svolte dai Carabinieri Forestali, era piuttosto ingegnoso: i proprietari dei fondi venivano convinti ad accettare lo spandimento dei “gessi di defecazione” sui propri terreni con l’offerta a titolo gratuito di tali finti ammendanti, compresa la successiva aratura dei campi di cui si faceva carico la società di recupero dei rifiuti. Gli agricoltori quindi erano allettati non tanto dalle supposte proprietà fertilizzanti del prodotto quanto piuttosto dal risparmio sulle spese di lavorazione dei propri terreni.
Un business criminale che ha fruttato alle sette società coinvolte oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti: per recuperare tali somme, i militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Brescia stanno procedendo in queste ore a sequestrare decine fra conti correnti ed altri rapporti bancari riferiti alle 15 persone indagate – tra le quali figurano due soggetti recidivi, già condannati dal Tribunale di Milano per analogo reato – nonché ad apporre i sigilli su fabbricati, terreni, autovetture e mezzi agricoli di loro proprietà, come disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari.
Il traffico di rifiuti non è però l’unico illecito emerso dalle indagini: vi è anche il reato di molestie olfattive, denunciato anche dalle centinaia di esposti e segnalazioni presentati nel tempo da Comitati e da cittadini costretti ormai da anni a vivere barricati in casa con porte e finestre chiuse a causa dei miasmi ammorbanti prodotti durante il trasporto e lo spandimento dei fanghi, con pesanti ripercussioni sia sulla salute che sulla qualità della vita della popolazione.
E’ stato contestato inoltre il reato di discarica abusiva, in riferimento a tre lotti di terreno ubicati nel comune di Lonato del Garda, appositamente affittati dalla società e sistematicamente destinati all’accumulo dei finti “gessi di defecazione” quando non erano disponibili terreni su cui effettuare il loro spandimento come “ammendanti agricoli”.
Infine vi è il delitto di traffico di influenze illecite contestato ad un importante dirigente pubblico che, sfruttando le proprie relazioni con politici e funzionari apicali della Pubblica Amministrazione, si prodigava per favorire la condotta criminale dell’azienda bresciana oggi sequestrata, ottenendo in cambio incarichi di consulenza e altre regalie da parte del titolare di quest’ultima.
Il quadro emerso dalle indagini appare ancor più allarmante se si considera che l’omesso trattamento di igienizzazione dei fanghi ed il loro successivo spandimento sui terreni ha potenzialmente esposto ad un pericolo, oltre che l’ambiente, anche la salute pubblica: sin dall’inizio della pandemia dovuta al COVID-19, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato come il virus possa sopravvivere fino a 96 ore nei fluidi corporei e pertanto ha raccomandato che si intensificassero le attività di vigilanza sulla corretta esecuzione dei procedimenti di inertizzazione dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione, che invece in questo caso venivano completamente disattesi.
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Constrasto al traffico illecito di rifiuti metallici nel Nord Italia: vasta attività del NOE Carabinieri di Milano
Scoperta illecita gestione e commercio di oltre 2700 tonnellate di rifiuti
Eseguito misure cautelari, profitti illeciti per quasi 2 milioni di euro
Nella mattinata odierna in Lombardia, i Carabinieri del NOE di Milano, collaborati dai militari del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano e dai Comandi Provinciali CC territorialmente competenti con un imponente dispositivo di circa 100 militari impiegati, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare a carico di 5 persone emessa dal G.I.P. del Tribunale di Milano su richiesta della locale Procura della Repubblica – D.D.A – nei confronti di soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” e “gestione di rifiuti non autorizzata”.
Nel corso delle indagini sono stati denunciati in stato di libertà ulteriori 7 indagati nonché sono stati sottoposti a sequestro 5 automezzi utilizzati per il trasporto illegale dei rifiuti.
Le attività investigative, condotte dal Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Milano a seguito degli accertamenti svolti dalla Stazione CC Forestale di Carlazzo (CO) sul conto di alcuni conferitori di rottami ferrosi operanti nelle province di Como, Lecco e Sondrio, e coordinate dalla DDA di Milano, hanno consentito di individuare l’esistenza di una struttura criminale operante attraverso una società a conduzione familiare con impianto sito in Provincia di Lecco, adibito a nodo strategico per la gestione, il traffico ed il commercio di ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi acquisiti tramite l’operato di vari trasportatori – tra i quali gli odierni indagati in stato di libertà – e di una vasta rete di fornitori (in totale 82, la cui posizione sarà oggetto di successivo approfondimento) i quali, contravvenendo al principio della tracciabilità dei rifiuti, effettuavano un’attività illecita di raccolta al dettaglio e porta a porta e successivo conferimento presso il suddetto impianto benché privi del formulario d’identificazione rifiuti e senza l’obbligatoria iscrizione dei mezzi di trasporto all’albo gestori ambientali.
Difatti, attraverso le indagini, è stato possibile ricostruire come gli acquisti e le cessioni di materiale ferroso, seppur costituente una vera e propria gestione in forma imprenditoriale, era da considerarsi illecita in quanto:
il materiale veniva raccolto nell’impianto da conferitori non autorizzati;
i rifiuti venivano conferiti con autocarri non iscritti all’Albo Gestori Ambientali e senza la documentazione giustificativa;
venivano predisposti falsi formulari d’identificazione dei rifiuti al solo fine di bilanciare le entrate illecite dei rottami ferrosi con le uscite verso impianti autorizzati.
Inoltre, è emerso come gli appartenenti al gruppo criminale si siano adoperati per tentare di inquinare o sviare l’accertamento dei fatti ad opera dei Carabinieri del NOE in quanto consapevoli delle condotte illecite tenute nelle modalità di gestione dell’impianto, presso cui conferivano anche soggetti privati non autorizzati, con particolare riferimento alla consapevolezza dell’illecito traffico in violazione della normativa in materia di smaltimento, come dimostrano alcune conversazioni intercettate attraverso le quali gli indagati comunicavano tra loro la presenza dei militari nell’impianto o nelle immediate vicinanze e le strategie attuate per evitare di incorrere in eventuali controlli.
Nel corso dell’operazione sono stati raccolti elementi di reità in ordine alla commissione per un illecito profitto di circa € 1.900.000,00 euro mentre la stima dei rifiuti metallici illecitamente gestiti ammonta a circa 2700 tonnellate.