Il clima che cambia e gli impatti sulle acque

Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla qualità delle acque è stato il tema del seminario scientifico promosso da ARPAT, LaMMA e Regione Toscana, che si è tenuto il il 27 ottobre 2023, nella cornice di Palazzo Sacrati-Strozzi, quale ideale prosecuzione della conferenza regionale sull’acqua (19 giugno 2023), che ha visto la partecipazione di docenti universitari, esperti del CNR-IBE e geologi e geologhe di ARPAT.

Si tratta di un workshop, a cui ne seguiranno altri, perché ARPAT – ha esordito il Direttore generale – ha il primato di aver posto l’accento su questo tema nell’ambito del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale, perché ritiene prioritario approfondire, insieme ad altri soggetti, gli impatti del cambiamento climatico che incidono sui vari comparti ambientali.

Il clima terrestre è un sistema complesso, regolato da molti fattori interdipendenti, fra questi vi sono le correnti marine: enormi flussi d’acqua che scorrono negli oceani di tutto il mondo influenzando le temperature e i modelli climatici di tutte le regioni della Terra. La corrente del Golfo, infatti, è stata da sempre studiata, in particolare per il suo ruolo nel clima su gran parte del globo terrestre. Trasporta le acque più calde dall’equatore verso l’Atlantico settentrionale, influenzando così il clima temperato anche dell’Europa.

Lo stato dell’arte degli studi sul clima, grazie a una serie di immagini, è stato presentato da Pietro Rubellini, Direttore generale di ARPAT, che ha illustrato come, fra le più vaste correnti che compongono la circolazione globale oceanica, vi sia il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica di “Atlantic meridional overturning circulation”, che gli studiosi abbreviano in “Amoc”. Si tratta di un flusso che trasporta acqua calda dall’equatore verso le regioni settentrionali dell’oceano Atlantico, flusso del quale fa parte anche la corrente del Golfo. Quest’ultima, lunga circa 10.000 km, è una delle più ampie e potenti correnti oceaniche del pianeta: la sua presenza è di vitale importanza soprattutto per le regioni dell’Europa settentrionale e centrale ed anche del Mediterraneo, che dipendono da questa corrente di acqua calda equatoriale per mantenere la propria condizione climatica relativamente mite.

La corrente del Golfo dell’oceano Atlantico è una componente regolatrice del sistema meteorologico mondiale ed è capace di incidere tanto sul clima europeo quanto su quello americano. Recenti studi avvertono che nel prossimo futuro la stabilità climatica che abbiamo conosciuto potrebbe diventare solo un ricordo. La modifica dell’“Amoc” può, infatti, indurre a pesanti cambiamenti – ha proseguito Rubellini – tra cui la modificazione delle dinamiche del sistema degli anticicloni sul Mediterraneo, in particolare il rapporto tra anticicloni sub-sahariani e atlantici.

Ma non siamo di fronte a un fatto nuovo, si tratta di un fattore previsto dai modelli climatici, come quelli dell’Intergovernmental panel on climate change (di seguito Ipcc), l’ente scientifico intergovernativo a supporto della Conferenza Onu sul cambiamento climatico. A questo si aggiunge, poi, ha proseguito Rubellini – la scoperta da parte degli scienziati, nell’Atlantico settentrionale, a sud della Groenlandia, di una “cold blob”, una sorta di anomala macchia fredda che ha effetto sulla corrente che si sta raffreddando troppo, rallentando così la sua corsa e, di conseguenza, alterando il complesso sistema climatico nel quale viviamo. A generare la massa di acqua fredda, è il ghiaccio della Groenlandia che, sciogliendosi, si mescola all’acqua marina, portandola a temperature vicino allo zero, e immettendo acqua dolce che presenta una densità inferiore. Questo fenomeno – ha spiegato il Direttore di ARPAT – impedisce alle correnti d’acqua, così modificate, di inabissarsi e causa il rallentamento della corrente che alimenta la cella atlantica.

Le teorie più accreditate in ambito scientifico – ha proseguito Rubellini – ritengono che il raffreddamento e il rallentamento dell’Amoc avvenga per la fusione dei ghiacciai della Groenlandia, che si sciolgono per effetto del cambiamento climatico generato dalle attività umane. Inoltre, il rallentamento dell’inversione della circolazione atlantica potrebbe alterare anche il regime globale delle piogge, a causa della ridotta evaporazione delle acque oceaniche nelle zone divenute più fredde, con l’effetto di modificare gli impatti e la frequenza degli eventi metereologici estremi.

Mutuando le parole del matematico e metereologo Edward Lorenz “Può un battito d’ali di una farfalla in Brasile causare un tornado in Texas?” Rubellini ha concluso spiegando l’interconnessione che caratterizza il nostro pianeta: “quello che accade in una parte del mondo non ha mai effetti solo locali, ma ha sempre ripercussioni più o meno globali”.

“La situazione è grave, dobbiamo agire con urgenza, ma c’è ancora la speranza di fare qualcosa” ha esordito Gozzini parafrasando le tre parole chiave: “Gravità, urgenza, speranza”, contenute nell’ultimo Rapporto dell’IPCC.

Proseguendo nell’analisi dei dati forniti dal servizio Copernicus Climate Change Gozzini ha precisato che l’aumento della temperatura media globale è stata di +1,1 °C rispetto al clima calcolato nel periodo 1850-1900. L’influenza delle attività umane ha riscaldato il clima a un ritmo senza precedenti almeno negli ultimi 2000 anni.

Qual è stata la situazione nel 2022 a livello mondiale? Gozzini ha illustrato i dati evidenziando che gli ultimi 8 anni sono stati i più caldi dal 1880 ad oggi.

Oltre all’aumento della temperatura, si assiste ad un innalzamento del livello del mare determinato dallo scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide, Groenlandia e di quelli montani interni come Himalaya e Alpi e dall’espansione termica degli oceani che assorbono gran parte del calore che arriva sulla Terra. Il tasso di aumento del livello del mare nei mari europei presenta valori in alcuni casi anche significativi come nel Mar Baltico. Questa evidenza può significare, nel contesto di riferimento, una maggiore attenzione alle zone costiere e al problema del cuneo salino, che si verifica quando l’acqua salata del mare riesce a farsi strada nella falda acquifera dell’entroterra a causa di una ridotta portata dei corsi d’acqua dovuta ad esempio alla siccità.

Il Report del Copernicus Climate Change evidenzia come il 2022 sia stato in Europa un anno particolarmente siccitoso, con una distinzione tra il sud Europa, caratterizzato da maggiore siccità, e il nord Europa connotato da maggior umidità, differenza confermata anche dagli scenari futuri che prevedono nel 2070 e 2100 un aumento della siccità in particolare nel bacino del Mediterraneo ed un aumento delle piogge nel Nord Europa.

E come si è conclusa questa calda estate? I report del Copernicus Climate Change – ha proseguito Gozzini – evidenziano come l’estate 2023 (giugno, luglio, agosto in termini meteorologici) sia stata la più calda mai osservata a livello mondiale e il 6 luglio 2023 abbiamo battuto un altro record, cioè la media delle temperature di tutto il globo ha superato i 17 °C.

In Italia, quella del 2023 è la stata l’ottava estate più calda dal 1800 (da quando cioè sono cominciate le rilevazioni meteorologiche), con un +1,04 °C rispetto al 1991-2000, con questa distinzione: al nord +1,09 °C, centro +1,11 °C , sud +0,98 °C.

Spostando i riflettori sulla Toscana, il recente cambiamento climatico non si limita al solo aumento delle temperature – ha proseguito Gozzini – ma va a modificare significativamente anche la distribuzione e la stagionalità delle piogge. In Toscana, il 2022 è stato l’anno più caldo con uno scarto di +0,5 °C rispetto agli anni più caldi precedenti; quindi, stiamo assistendo ad un’accelerazione dell’aumento della temperatura e il trend in Toscana è di +1,2 °C per ogni cinquanta anni. Analizzando le varie stagioni, l’estate è sicuramente quella che risente di più dell’aumento della temperatura e questo fenomeno produce numerosi effetti, tra cui la riduzione della risorsa idrica disponibile per evapotraspirazione, le fioriture anticipate, gli impatti sull’agricoltura, sulla vita degli animali e sul paesaggio.

La distribuzione delle piogge (quando e quanto piove) evidenzia un incremento dell’intensità dei fenomeni estremi (piogge intense e localizzate) nelle zone costiere rispetto alle zone interne con un conseguente aumento dei giorni secchi. In Toscana abbiamo avuto siccità più persistenti e ricorrenti, ogni 5 anni (2003, 2007, 2012, 2017, 2022), causando stress idrico e termico alla vegetazione che diventa combustibile ottimale per gli incendi che stanno, appunto, aumentando (n. 591 incendi e 2247 ettari interessati nel 2022), insieme all’aumento degli ettari per evento (con una media di 3,5 ettari per evento).

Il quadro che emerge ha chiaramente effetti sulle acque sotterranee e superficiali in termini di inquinamento dei corpi idrici per deflusso e contaminazione da nutrienti, aumento della formazione di fioriture algali nocive determinato da nutrienti e temperature, riduzione di ossigeno disciolto e aumento della temperatura di fiumi e laghi.

Gli effetti del cambiamento climatico – ha concluso Gozzini – si osservano anche nell’aumento della temperatura degli oceani e dei mari. Anche nel Mediterraneo, che mostra un trend di aumento della sua temperatura, abbiamo una maggiore evaporazione, una maggiore umidità ed energia dovuta al cambio di stato nella fase di evaporazione, elementi che favoriscono il manifestarsi di eventi estremi molto localizzati.

Il 2023 sta confermando come il bacino del Mediterraneo sia per il clima un hotspot, un’area dove si concentrano tutti i rischi climatici. Infatti, questa area è conosciuta per essere una delle zone del mondo che si riscalda più rapidamente soprattutto durante l’estate boreale. Questo è il futuro che ci attende per il quale dobbiamo prevedere strategie di adattamento.

Il tema degli effetti sul cambiamento climatico ha, dunque, un impatto diretto sul nostro stile di vita, per questo motivo, offriremo ampio spazio alle sintesi delle relazioni presentate al seminario.

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