Applicazioni di phytoscreening in aree urbane: è questo il titolo della pubblicazione scientifica che Arta Abruzzo presenterà in occasione del RemTech Expo, l’evento specializzato sui temi del risanamento, della rigenerazione e dello sviluppo sostenibile che si terrà a Ferrara dal 18 al 20 settembre. Il progetto, articolato su due casi studio di rilievo nazionale condotti nelle città di Pesaro e Pescara, intende dimostrare come l’utilizzo delle tecniche di phytoscreening, che includono test specifici sulle piante per individuare la presenza di inquinanti nel suolo, possa essere applicato efficacemente anche nelle città, e dunque non si debba circoscrivere esclusivamente alla bonifica dei siti contaminati.
Dopo il successo fatto registrare dal piano di caratterizzazione del Sin di Bussi, unico nel suo genere per le molteplici tipologie di indagine effettuate e per le innovative tecnologie adottate, il team di tecnici di Arta Abruzzo ha sperimentato, dunque, utilizzi avanzati delle medesime metodologie, ma in contesti diversi, con particolare attenzione alle aree urbane e industriali. Il fine è quello di migliorare ulteriormente l’efficacia delle operazioni di monitoraggio ambientale e di bonifica, aprendo la strada all’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate e sostenibili nella gestione delle problematiche legate all’inquinamento del suolo e delle acque nelle aree metropolitane.
In particolare, nel caso di Pescara, le indagini effettuate mediante pytoscreening hanno permesso di circoscrivere la presenza di solventi clorurati esclusivamente alle acque sotterranee del sito oggetto di indagine, nel caso specifico un punto vendita di carburanti. Sono stati selezionati cinque esemplari di tiglio ad alto fusto, situati lungo il perimetro dell’area, in direzione di tutte le possibili sorgenti esterne. Le analisi eseguite con fiale colorimetriche, dispositivi che cambiano colore in presenza di specifici contaminanti chimici, e i risultati di laboratorio sui campioni di tronco prelevati, hanno rilevato concentrazioni trascurabili di solventi, certamente non significative dal punto di vista scientifico, nonostante l’indagine sia stata condotta durante il periodo vegetativo. Un esito che ha permesso di escludere la presenza di fonti esterne di contaminazione.
Nel caso studio di Pesaro, invece, le indagini eseguite sugli alberi non hanno permesso di individuare una sorgente puntuale di contaminazione, sebbene abbiano contribuito ad ampliare l’estensione dell’area impattata da solventi, suggerendo la presenza di fonti diffuse o multiple di inquinamento.
In entrambe le circostanze, l’applicazione dei phytoscreening ha offerto il vantaggio di tempi di esecuzione rapidi, costi contenuti e un ridotto impatto ambientale, confermando l’importanza del suo utilizzo per l’individuazione delle sorgenti della contaminazione in falda o per l’indicazione della sua estensione nelle aree oggetto di indagine.